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ISTAT: nel 2065 saremo un paese di cinquantenni

L'invecchiamento della popolazione italiana galoppa e secondo l'ISTAT nel 2065 la media della popolazione sfiorerà i 50 anni. Ma se il futuro appare fosco, ci sono delle opportunità interessanti da cogliere.
del 17/03/16 -

Le cifre parlano chiaro: nel 2059 l’età media degli italiani sarà di appena inferiore ai 50 anni (49,8) contro i 43,5 attuali. A dirlo è l’ISTAT nel suo rapporto sul futuro demografico del nostro paese. Nonostante i tentativi di incentivare la maternità con sussidi e forme di sostentamento più o meno sostanziali, il nostro paese è il più vecchio d’Europa e si avvia a diventare - insieme ad altri paesi molto sviluppati - la culla della terza età, una nazione prevalentemente composta di anziani. Questi dati sono significativi perché portano a squilibri evidenti nel bilancio pensionistico e mettono a dura prova tutti coloro che prevedono un futuro di grande crescita. Invero, modificando il rapporto tra forza lavoro e forza a riposo, non solo si creano squilibri finanziari, ma anche dei veri e propri conflitti generazionali che fanno leva sull’invidia delle posizioni di privilegio raggiunte e su quelle impossibili da conquistare.

Secondo l’ISTAT la popolazione italiana è destinata gradualmente ad invecchiare. Gli ultra-sessantenni oggi sono pari al 20,3% della popolazione, ma nel 2065, cioè alla fine di una nuova lunga generazione, essi saranno diventati il 33,2% nel 2043, con picchi destinati ulteriormente a salire verso metà di questo secolo. Importanti sono i cambiamenti sociologici che si impongono: lo stato, se vorrà continuare a garantire una parvenza di assistenza sociale, dovrà modificare le dinamiche dell’assistenza sanitaria, dell’assistenza sociale a domicilio, nonché delle forme di contribuzione per consentire a chiunque di godere delle pensioni per chi ha accantonato importanti emolumenti durante il corso della vita lavorativa.

Contemporaneamente all’invecchiamento della popolazione, consentito da un indice di qualità della vita superiore alla media, da una dieta mediterranea che sembra incontrare il favore dei nutrizionisti, il nostro paese assiste a un vero e proprio crollo delle nascite. Nel 2014 ci sono stati più decessi che nascite e se non fosse per la quota di immigrati che ogni anno acquisiscono la cittadinanza e procreano in misura maggiore dei nostri concittadini, la popolazione sarebbe di fatto a crescita zero. La regione più anziana è la Liguria, seguita dal Friuli-Venezia Giulia, dalla Toscana, dal Piemonte e dall’Umbria. Le regioni più giovani, ma con una media comunque superiore ai 41 anni, sono Trentino-Alto Adige, Lazio, Sicilia e Campania.

A fronte di questi dati foschi ci sono alcune note positive: la vita si allunga, il livello di spesa degli anziani è sufficientemente elevato per non dar luogo a un crollo verticale della produttività. Minor popolazione significa in futuro meno disoccupazione, soprattutto di fronte alla digitalizzazione dei servizi che richiedono sempre meno l’impiego di personale specializzato. Nel contempo nascono imprese di assistenza agli anziani, che si dipanano in diverse formule, tra le quali quella sperimentata del franchising, che danno la possibilità ai giovani di usufruire di condizioni vantaggiose per entrare nel mercato del lavoro mettendosi in proprio.



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