Depressione, il male di vivere delle città
Psichiatri da tutto il mondo a Milano per trovare la cura al "male oscuro"
Sotto accusa le periferie, case degradate, criminalità e povertà
del 05/04/11 - di Andrea Gallizzi
Per tutti resta sempre il "male oscuro". Qualcosa che viene da dentro e per questo fa più paura. Ma conta anche dove e come vivi. La depressione colpisce di più chi vive nelle grandi città. Si ammala il 4 per cento degli uomini e il 9 per cento delle donne. Le metropoli che sono opportunità e zavorre insostenibili. A rischio chi abita nei quartieri periferici, in case degradate, tra le cause il senso di insicurezza, la criminalità, la povertà. Senza dimenticare anche la maggiore presenza di minoranze etniche. "Si è assodato che l'ambiente ha enormi responsabilità in termini di disturbi mentali – spiega Mariano Bassi, primario di Psichiatria della Struttura complessa di Psichiatria 2 al Niguarda di Milano e docente di Psichiatria all'Università degli Studi di Bologna e organizzatore del congresso internazionale sulla depressione - Diciamo che sulla depressione i cosiddetti elementi costituzionali incidono per il 50 per cento; il restante 50 è collegato al contesto (anche sociale) in cui si vive. In alcuni miei studi ho ravvisato un diverso tono dell'umore tra gli abitanti di un quartiere rispetto a un altro».
Il 7 e 8 aprile nell’auditorium della Casa dell’Energia in piazza Po a Milano, si terrà il congresso internazionale sulla depressione nelle grandi città. L’appuntamento conterà anche sull’esposizione delle opere di Carlo Cane, pittore piemontese che nelle sue opere realizza paesaggi urbani di città immaginarie. E’ la prima volta che l’Italia riunisce i più grandi esperti di salute mentale per discutere del rapporto tra l’ambiente, le condizioni sociali e la depressione e lanciare interventi di prevenzione sul territorio. Sperimentare politiche di quartiere, creando sistemi urbanistici che prevedano più spazi verdi, maggiori centri di aggregazione e campi da gioco, ad esempio. Puntare di più su valori di vicinato, coesione e amicizia.
Da un recente studio dell’equipe del professor Bassi – Milano è stata suddivisa in 88 zone, ognuna studiata in base a più fattori: presenza di aree verdi, servizi, luoghi di aggregazione – è emerso un aumento del rischio di disturbi mentali nei quartieri più poveri e deprivati della città, anche dopo aver tenuto conto delle variabili individuali come fattori di rischio. La ricerca è stata confortata anche da alcuni studi, realizzati nelle città degli Stati Uniti, che hanno confermato la correlazione tra il fatto di risiedere in un quartiere svantaggiato e una maggiore prevalenza di disturbi depressivi, indipendentemente dalla presenza di variabili individuali nei cittadini. Altri studi hanno preso in considerazione la relazione tra caratteristiche urbanistiche dei quartieri e l’incidenza dei disturbi mentali. Partendo da questi studi e dai loro interessanti sviluppi, si sta valutando se le caratteristiche di un quartiere (caratteristiche socio demografiche della popolazione, stabilità e mobilità della popolazione, composizione multietnica, presenza di spazi verdi e di parchi, presenza di luoghi di aggregazione e di strutture sportive e per il tempo libero, disponibilità e diffusione di esercizi commerciali, presenza di servizi sanitari e sociali, ecc.) possano essere associate ad un maggiore rischio di sviluppare un disturbo depressivo. Questa ricerca si potrà avvalere da una parte dei dati derivati dall’indagine compiuta dal Comune di Milano sulle caratteristiche dei Nuclei di Identità Locale (NIL), dall’altra dei dati di incidenza e prevalenza trattata dei disturbi depressivi, in possesso della Regione Lombardia e della ASL di Milano, raccolti dai Dipartimenti di Salute Mentale delle Aziende Ospedaliere attraverso il sistema di rilevazione telematica PSICHE.