Intervista a Stefano Santori, autore del manuale “Mindset Biohacking: Il metodo per conquistare salute, energia e longevità”.
Stefano Santori (1969) è un autore, podcaster, biohacker, business coach, trainer, manager dell’innovazione, docente universitario e docente dei formatori per la Scuola di Formazione Olimpica CONI. È ideatore del metodo MBH Mindset Biohacking, incentrato sull’utilizzo delle innovative metodologie di biohacking e bodyhacking per ottimizzare mente e corpo, utilizzato con successo da campioni nazionali e olimpici, da manager e da medici, oltre che da semplici appassionati. È autore di oltre 20 pubblicazioni e ha all’attivo quattro programmi podcast su Google Podcast e iTunes.
del 15/11/24 - di Aurelio Valli
«Ci presenti il tuo nuovo manuale “Mindset Biohacking: Il metodo per conquistare salute, energia e longevità”?»
Il manuale Mindset Biohacking si basa su un metodo che ho collaudato e non solo personalmente in questi anni per riprendere in mano il controllo della propria salute. Alla base c'è questo intento, creare una mentalità giusta, ottenere il giusto mindset per approcciare la salute in un modo più proattivo, più responsabile. Sappiamo che molte persone tendono a lasciare le redini della loro salute a fattori esterni, si affidano alla sanità pubblica, all'aiuto che possono ottenere dai farmaci o, peggio, arrivano a credere che la loro salute sia totalmente predeterminata dalla genetica. In questo manuale ho voluto innanzitutto spiegare quali siano i cambi da fare a livello di mentalità per arrivare poi a avere i propri protocolli da adottare in realtà.
«Vuoi spiegarci in breve cos’è il biohacking? In quali ambiti della vita si può applicare?»
Il biohacking è una disciplina che a sua volta ha delle altre discipline sotto di sé, tutte a base scientifica. Il biohacking esiste perché esiste la scienza aperta, ovvero perché oggi è possibile accedere direttamente ai risultati di qualunque ricerca scientifica in qualunque campo grazie a internet e alla nuova approccia di apertura, ed è quindi più facile per chiunque trovare le basi scientifiche di un protocollo anziché di un altro, di una dieta anziché di un esercizio fisico. Il biohacking è nato in questo mondo, un mondo più aperto, un mondo dove le conoscenze non sono più appannaggio esclusivo di pochissimi eletti esperti al mondo. Si può applicare in tutti gli ambiti della vita e si può decidere di applicarlo partendo anche con piccoli passi senza dover necessariamente stravolgere l'esistenza. Una persona può semplicemente riallineare meglio i suoi ritmi di vita e un'altra può invece decidere di compiere un profondo radicale cambiamento passando magari anche per un addestramento al freddo estremo che non è sicuramente una pratica per tutti.
«Quali sono le particolarità del metodo da te ideato: MBH Mindset Biohacking?»
Il mio metodo ha una missione molto specifica, peculiare, che si distingue dal resto del mondo del biohacking, perché non parte dai protocolli, dagli integratori, dalle diete, dagli esercizi fisici, ma in realtà parte da dentro la persona, perché se la persona non ha il giusto focus, non ha trovato i veri valori che possano guidarla, se una persona non ha in poche parole un mindset funzionale ai cambiamenti, tali cambiamenti non avverranno. Quindi è un po' una rivoluzione nell'approccio. Non parto dal cambiare il cibo in tavola, ma parto dall'imparare cos'è il cibo e dal cambiare il mio mindset rispetto al cibo, per fare un esempio, e solo dopo allora posso diventare anche più grande esperto di protocolli di alimentazione. Questa è la particolarità.
«Uno degli aspetti che più colpisce nella tua trattazione è l’idea che il biohacking sia una pratica sempre aperta al cambiamento, e che soprattutto sia su misura di chi la segue. Nessun dogma, nessuna forzatura. In che modo quindi si possono adattare le tecniche di biohacking alle proprie esigenze?»
Sì, il mio metodo, il mio approccio al biohacking è assolutamente aperto. Aperto e in qualche modo agnostico. Io ho cercato da sempre, e in questo metodo l'ho potuto fare con risultati alla mano, di prendere il meglio da tutto e da tutti, senza però dover abbracciare anche i dogmi spirituali, filosofici, le credenze radicate. Se una pratica spirituale porta con sé un esercizio di respirazione che funziona, io ho concentrato il focus sull'esercizio di respirazione, senza per forza dover inglobare anche i convincimenti spirituali e religiosi. Questo mi ha permesso di creare un metodo che è costantemente aperto. Non sposo nessun modello specifico, nessun guru specifico, nessun metodo specifico, ma piuttosto il metodo sposa l'apertura a cambiare il metodo. Sembra un paradosso, ma in realtà questo approccio garantisce un'assoluta elasticità e fluidità. Se le ricerche scientifiche oggi dicono che una cosa è ottimale, il mio metodo resta aperto anche al fatto che domani nuove ricerche potrebbero dire che non lo è più. Non avendo sposato un prodotto, non avendo sposato un ricercatore o un guru in particolare, continuo a restare libero di modificare protocolli, assetti, tecniche, strumenti, per ottenere sempre l'unica cosa che invece resta fissa, ovvero l'obiettivo di ottimizzazione della salute.
«Nel tuo manuale si affrontano molti argomenti, spingendosi anche oltre la teoria per illustrare delle pratiche e degli strumenti che, concretamente, aiutano nel percorso di biohacking. Vuoi darci una panoramica delle principali tematiche trattate nella tua opera?»
In questo manuale ho veramente toccato, ovviamente nel modo corretto per un manuale pratico, ma si potrebbe dire molto di più, le aree principali, che vanno dal sonno, al recupero, all'alimentazione, al lavoro interiore, al mindset, al lavoro di concentrazione e autodominio, alla respirazione, per finire chiaramente con tutta la parte dei device, dei prodotti tecnologici, che oggi più che mai sono in grado di rendere il BIO HACKING quasi fantascientifico.
«So che sei stato il primo in Italia a introdurre nel mondo del Coaching Italiano il metodo Mindsetting. Qual è la tua formazione e come sei arrivato a interessarti al biohacking?»
Sì, io sono stato davvero il primo a portare il concetto di Mindsetting e Mindset Coaching in Italia, ormai più di dieci anni fa. Ho potuto fare questo perché sono partito da molto lontano. Ho iniziato a derogare formazione con Mindset Coaching già dai primi anni 90. Nel 1994 ero uno dei pochissimi trainer di programmazione neurolinguistica in Italia ed ho avuto quindi modo di vedere, toccare con mano, testare decine di metodi, approcci, ma soprattutto di avere una platea molto estesa. Sto parlando di decine di migliaia di persone che hanno seguito corsi e sessioni di coaching e centinaia di aziende che ho seguito come consulenza. Questo mi ha permesso di capire il limite di tanta formazione, il limite della motivazione, il limite dei protocolli e delle tecniche cosiddette vincenti, che però restano chiuse. Il limite è il Mindset di chi deve adottare la tecnica. Ed è per questo che sono arrivato a comprendere che se il Mindset non è funzionale al cambiamento, il cambiamento o non avviene o avviene solo in piccola parte. Questo mi ha portato poi anche al Bioethics, perché quando ho cominciato a studiare il Mindset ho ovviamente analizzato anche le componenti chimiche del pensiero, le componenti fisiche del cervello e non solo la parte mentale. La realtà che ne è venuta fuori è che il cervello è molto molto più suscettibile di quello che pensiamo a cambiamenti che sono di tipo chimico, biologico. Se l'intestino non funziona e non ci sono i giusti mix di neurotrasmettitori nel cervello, la persona può arrivare a sperimentare una misteriosa depressione. A questo punto il problema non è mentale né psicologico, ma in realtà è biologico. Ed è per questo che sono arrivato al Biohacking. Per ottenere il massimo non basta allora avere un giusto Mindset, ma poi con questo Mindset bisogna portare i cambiamenti e seguire i protocolli. A quel punto si ottiene veramente il mix ideale. Cambiamento mentale, cambiamento biologico, cambiamento fisiologico, cambiamento psicologico.
«So che, soprattutto sui social, ogni tanto incontri dei detrattori del tuo lavoro. Cosa rispondi a chi non crede che il biohacking sia una scelta vincente in materia di benessere e di longevity?»
I detrattori nei social ci sono e temo che ci saranno sempre. La maggior parte di questi sono semplicemente persone ignoranti che temono il cambiamento e la novità e poiché non hanno alcuna voglia di approfondire preferiscono odiare quello che non è noto. Ma questo è un problema dell'essere umano che ha radici molto, molto antiche. L'uomo ha sempre odiato e temuto ciò che era nuovo e diverso, finché ciò che era nuovo e diverso non diventava talmente forte da portare tutti a cambiare idea. La mia risposta più semplice è questa. Il Biohacking, a differenza di tante altre discipline, anche formative, si basa sui numeri, sull'oggettività. Per cui non mi interessano le chiacchiere dei detrattori, ma nemmeno mi interessano le chiacchiere dei motivatori motivati. Quello che conta è l'oggettività. Se un protocollo, dopo 30 giorni, è in grado di cambiare il risultato misurabile con strumenti oggettivi, allora vuol dire che il protocollo funziona. E quindi non c'è bisogno di credere o non credere nel Biohacking. È la misurazione oggettiva che vince su tutto e su tutti. Questo vale ovviamente per il benessere, vale per il rinforzo delle capacità psicofisiche, e vale ovviamente anche per la longevità. Sono tanti i marcatori che oggi si possono tracciare e a quel punto si può anche misurare l'efficacia di un trattamento di un protocollo di una disciplina. Il Biohacking vero parte dalla misurazione e finisce con la misurazione.
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