Referendum Costituzionale: Guida alla Riforma
di Marcello Dotti
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Come funzionerà il nuovo Senato? Che cosa significa superamento del bicameralismo perfetto? Come verranno approvate le leggi? Che cosa c’entra la legge elettorale con la riforma costituzionale?
Il voto del 4 dicembre si avvicina e gli italiani dovranno decidere se dire Sì o No alle modifiche stabilite dalla riforma costituzionale approvata dal Parlamento ad aprile di quest’anno.
La legge modifica il nostro sistema parlamentare e il rapporto tra Stato e Autonomie, cambia le modalità di elezione del Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale.
Ecco una scheda con le principali novità introdotte dalla riforma e le ragioni dei favorevoli e dei contrari.
Superamento del bicameralismo perfetto
La riforma costituzionale modifica l’articolo 55 della Costituzione stabilendo che solo la Camera sarà chiamata a votare la fiducia al governo.
Montecitorio eserciterà funzioni di indirizzo politico e di controllo sull’operato del governo e funzioni legislative.
Il nuovo Senato rappresenterà le istituzioni territoriali e farà da raccordo tra Stato, Regioni, Comuni e tra questi e l’Unione Europea. Continuerà ad esercitare la funzione legislativa ma diversamente dal passato.
Parteciperà alle decisioni riguardanti le politiche europee e verificherà l’impatto delle direttive europee sulle realtà locali. Fornirà valutazioni delle politiche pubbliche e dell’attività della pubblica amministrazione. Verificherà l’attuazione delle leggi e darà parere su nomine del governo.
La Camera sarà eletta a suffragio universale, i deputati restano 630 di cui 12 eletti all’estero.
Il Senato sarà composto da 95 senatori scelti dai consigli regionali (su indicazione degli elettori) ai quali si aggiungeranno 5 senatori nominati dal presidente della Repubblica con un mandato di 7 anni.
Le ragioni del Sì
Si metterà fine al caos delle diverse maggioranze e finalmente ci sarà una rappresentanza parlamentare delle istituzioni territoriali.
Stop al doppio voto di fiducia al governo che spesso ha portato a maggioranze diverse.
Più stabilità governativa.
Le ragioni del No
Il Senato deve essere eletto dai cittadini.
Un sindaco di una grande città non potrà stare due giorni a settimana a Roma.
Il nuovo Senato
La riforma costituzionale modifica gli articoli 57, 58 e 59 della Costituzione riducendo da 315 a 95 i senatori, che saranno rappresentativi delle istituzioni territoriali e saranno 74 consiglieri regionali e 21 sindaci.
Ogni consiglio e le province autonome di Trento e Bolzano, eleggeranno un sindaco del proprio territorio e due o più consiglieri regionali in base alla densità di popolazione.
La scelta dovrà essere effettuata «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri».
La legge ordinaria che dovrà regolamentare questa elezione indiretta dovrà quindi tenere conto che i cittadini dovranno indicare chi sarà destinato a Palazzo Madama.
Le ragioni del Sì
In Parlamento finalmente troveranno rappresentanza tutte le istituzioni territoriali.
I senatori saranno sempre indicati dai cittadini perché la legge regionale prevede l’indicazione (nome e cognome) sulla scheda, in più la legge ordinaria che andrà a regolamentare l’indicazione che dovranno fare i consigli regioni dovrà tenere conto che i cittadini daranno la loro preferenza su chi mandare a Palazzo Madama.
Le ragioni del No
Sarebbe opportuno anche un ridimensionamento della Camera.
I senatori verranno selezionati senza criteri.
Il Senato delle Autonomie dovrebbe avere la stessa potestà legislativa della Camera.
Elezione del Presidente della Repubblica
Per l’elezione del Presidente della Repubblica si modificano gli articoli 83, 85, 86 e 88 della Costituzione.
Con la riforma costituzionale il Capo dello Stato sarà eletto dal Parlamento in seduta comune ma, riducendosi il Senato, si riduce anche il numero dei parlamentari: in totale saranno 730 (contro i 1008 di oggi).
Cambieranno anche i quorum: serviranno i due terzi degli aventi diritto per i primi tre scrutini. Dal quarto scrutinio serviranno i tre quindi degli elettori (contro la maggioranza assoluta di adesso).
Solo dal settimo scrutinio basterà avere i tre quinti dei votanti e non degli aventi diritto. Per essere valido, però, il voto deve avere la presenza di almeno la metà più uno degli aventi diritto (ossia 366 parlamentari).
Non cambia la procedura per l’empeachment rispetto alla quale servirà sempre la maggioranza assoluta (rispetto ad un plenum di 730 persone).
La seconda carica dello Stato sarà il presidente della Camera.
Le ragioni del Sì
La procedura rafforza l’elezione del Presidente della Repubblica perché il quorum è più alto fino al settimo scrutinio.
Le ragioni del No
Se rimane in vigore l’Italicum, la maggioranza in Parlamento potrà imporre il suo Presidente della Repubblica.
Referendum e leggi popolari
Vengono modificati gli articoli 71 e 75 della Costituzione in materia di Referendum e disegni di legge di iniziativa popolare.
Nascono due nuove tipologie di referendum: quelli propositivi e quelli di indirizzo, ma le novità dovranno essere indicate da norme costituzionali e da una legge bicamerale.
Per quanto riguarda i disegni di legge di iniziativa popolare, serviranno 150 mila firme (50 mila fino ad oggi) ma il Parlamento dovrà esaminarle ed approvarle in tempi certi.
Oggi invece molto spesso vengono dimenticate nei cassetti parlamentari.
Per il referendum abrogativo restano i requisiti attuali ma in caso di 800mila firme raccolte, il quorum può abbassarsi alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni politiche.
Le ragioni del Sì
Le leggi di iniziativa popolare dovranno necessariamente essere discusse dal Parlamento, cosa che invece oggi non accade.
Si introducono due nuove tipologie di referendum, quindi si dà più forza all’iniziativa popolare.
Raccogliendo 800 firme si abbassa il quorum per l’approvazione del referendum.
Le ragioni del No
Sale il numero delle firme da raccogliere quindi agire dal basso sarà più difficile.
L’obbligatorietà della discussione delle leggi di iniziativa parlamentare viene rimandata ai regolamenti parlamentari.
Riforma del Titolo V
La riforma costituzionale rivede il federalismo e tutto l’argomento riguardante le materia concorrenti: fisco trasporti e infrastrutture tornano al potere centrale.
Molte materia divise tra Stato e Regioni hanno creato un contenzioso enorme davanti alla Corte costituzionale negli ultimi quindici anni, vale a dire dalla data di approvazione del nuovo Titolo V (2001) ad oggi.
Fisco, trasporti e infrastrutture tornano allo Stato e, per la parte delle disposizioni generali anche salute e istruzione.
COn la clausola di supremazia, a tutela dell’interesse nazionale, il governo potrà intervenire con legge su materia regionali escluse quelle a statuto speciale.
Le ragioni del Sì
La riforma prevede una razionalizzazione del federalismo già in parte stabilita dalle numerose pronunce della Consulta.
In molti casi la sovrapposizione tra Stato e Regioni non ha fatto altro che penalizzare i cittadini.
Non ha senso frammentare alcune materie come l’energia.
Le ragioni del No
Si fa un passo indietro con una scelta centralista.
La riforma accresce le disparità tra le regioni a statuto speciale e quelle a statuto ordinario.
Nel 2001 il centrosinistra ha voluto la svolta federalista, ora lo stesso centrosinistra vuole tornare al centralismo.