Software libero: tra direttive UE e i vantaggi della PA
Da anni il dibattito sul software libero nella Pubblica Amministrazione non si è ancora concluso, nonostante le direttive dell'UE.
Se dalla fine degli anni ’90 ad oggi si fa tanto discutere su software libero e Open Data un motivo ci sarà. Si tratta di motivi di differente natura, ma che nella maggior parte dei casi convergono nell’asserire che una migrazione da parte di enti pubblici e privati verso il software libero e il libero accesso al patrimonio informativo pubblico porterebbe una serie di vantaggi non indifferenti sia per i soggetti direttamente interessati che per i clienti, in caso di azienda privata, e per i cittadini, in caso di ente pubblico.
Nonostante da anni se ne discuta e da più parti se ne condividano i principi, l’applicazione concreta resta ancora oggi un miraggio. La strada verso l’adozione su larga scala del software libero è decisamente in salita. Dal punto di vista della concreta implementazione a poco, finora, sono servite le direttive dell’UE che spingono le Pubbliche Amministrazioni ad adottare soluzioni di software libero, abbandonando i software proprietari, nella gestione delle informazioni.
In Italia la Pubblica Amministrazione procede a rilento nell’adozione del software libero, nonostante alcune regioni siano più avanti di altre con l’approvazione di leggi ad hoc che definiscono i principi dell’adozione di soluzioni non proprietarie per gestire i flussi informativi riguardanti i dati pubblici. La questione ha a che vedere anche con una sorta di radicamento culturale che non aiuta la diffusione della trasparenza dei dati pubblici. E dire che i vantaggi del software libero e dell’Open Data sarebbero consistenti per la Pubblica Amministrazione.
Recentemente è stato calcolato che abbandonando il software proprietario e sostituendolo con soluzioni di software libero la Pubblica Amministrazione risparmierebbe ben 675 milioni di euro. Un esempio lampante della consistente spesa che sostiene la Pubblica Amministrazione italiana per poter utilizzare software proprietario è un recente bando che ha visto trasferire da Roma a Redmond un assegno da quaranta milioni di euro. Tanto lo Stato italiano ha dovuto sborsare per acquisire le licenze d’uso dei software Microsoft in maniera tale da consentirne l’uso agli uffici pubblici. 40 milioni di euro che basteranno per un anno, visto che dal 2013 la situazione sarà nuovamente la stessa e le casse dello Stato italiano saranno costrette a vedersi private di un’altra ingente somma.
Nonostante i vantaggi dal punto di vista economico siano sotto gli occhi di tutti, si paventano dubbi sull’affidabilità tecnica. Preoccupazioni queste che non hanno ragione d’esistere viste la tante occasioni in cui è stata dimostrata, confermata e ribadita la totale affidabilità e sicurezza delle soluzioni implementate attraverso il software libero. Se da una parte le Pubbliche Amministrazioni tentano di muoversi in questa direzione per soddisfare le imposizioni derivate dall’Unione Europea, dall’altra va sottolineato che la spinta maggiore non dovrebbe certo arrivare dal semplice adempimento ad una legge che arriva dall’alto, ma dalla concreta possibilità di risparmiare denaro pubblico, innovando e avvicinando quel principio di democrazia 2.0 di cui si fa tanto parlare negli ultimi anni.